Come i miei venticinque lettori – per citare Alessandro Manzoni - ben sanno, dico sempre che Roma è una città che non finisce mai. E ho ragione a dirlo perché qui anche i nomi delle strade, come tutto il resto, hanno una storia da raccontare. Nel rione Sant’Eustachio per esempio, dove Vincenzo ha la sua bottega di orafo e il suo studio di pittura, molte strade hanno proprio i nomi delle botteghe artigiane che una volta impreziosivano questa parte di Roma. Quando vi troverete a fare una passeggiata da queste parti, fateci caso: via dei Cestari, via dei Chiodaroli, via dei Chiavari, via dei Sediari, via degli Staderari, etc. sono le strade degli artigiani che qui facevano rispettivamente i cesti, i chiodi, le chiavi, le sedie e le stadere, cioè le bilance. È divertente notare inoltre, che i nomi di questi artigiani sono riportati proprio in romano. Infatti, il suffisso italiano –aio che serve per formare nomi legati ai mestieri pre-tecnologici (libraio, giornalaio, etc.) è tradotto in romano –aro. Ancora oggi!
Molte altre strade del Rione inoltre, ci danno indicazioni preziose sulla storia passata del luogo. Via della Dogana Vecchia per esempio, ci dice che lì c’era appunto la Dogana delle merci che arrivavano nello Stato Pontificio via terra prima che questa fosse spostata a Piazza di Pietra alla fine del XVII secolo da papa Innocenzo XII, nell’edificio che ora ospita la Camera di Commercio e che, a proposito di stratificazioni, è stato costruito sui resti del Tempio di Adriano.
E poi c’è una strada con un nome molto particolare in cui vi imbatterete di sicuro per andare al Pantheon che sta proprio sul confine del rione: via di Torre Argentina. Naturalmente, ci viene subito in mente il Sud America, il Tango, tutte le volte che volevamo imparare a ballarlo ma non avevamo un partner, i gauchos della Pampas al galoppo sui loro cavalli, la cordigliera delle Ande ma siamo fuori strada.
Se vi guardate un po’ intorno, in effetti una torre c’è anche se, come l’Argentina, neanche questa c’entra niente col nome del luogo.
Infatti “Argentina” deriva dal Maestro di cerimonia di papa Alessandro VI Borgia, Giovanni Burcardo, che veniva da Strasburgo. Strasburgo in latino si chiamava “Argentoratum” a causa delle vicine miniere d’argento. Giovanni Burcardo, che amava firmarsi “vescovo argentinus” in ricordo della sua città natale, alla fine del XV secolo si costruì una casa in via del Sudario 44 ancor’oggi visibile, a pochi passi dalla nostra strada. La casa aveva una torre oggi non più visibile. Capito?
La torre che vediamo in Largo di Torre Argentina è la Torre del Papito, probabilmente chiamata così perché appartenuta alla Famiglia Papareschi oppure, secondo un’altra ipotesi, perché un altro dei suoi proprietari era Anacleto II Pierleoni (1130-1138), antipapa al tempo di Innocenzo II, che o era piccolo di statura (Papa = Papito) o, appunto, non era riconosciuto da tutti come Papa. Nel prossimo post, approfondiremo ancora il luogo di Largo Argentina perché proprio qui, durante le Idi di marzo del 44 a.C. fu ucciso Giulio Cesare.
Federica