La bottega dei nostri fabbri, Andrea e Massimo Manoni è un esempio di quanto sia importante avere presenti le due parole magiche “stratificazione” e “riciclo” di cui parlo nell’home page se siamo interessati a capire come è fatta Roma. Il nonno fondò l’azienda subito dopo la seconda guerra mondiale e seguendo probabilmente un principio naturale di economia dei materiali, lo stesso principio con cui è costruita la maggior parte della città, addossò la sua officina sui resti di un antico acquedotto, l’acquedotto dell’acqua Marcia, il terzo di Roma dopo l’Appio e l’Anio Vetus, costruito nel 144 a.C. dal Pretore Quinto Marcio Re.
Plinio il vecchio definiva l’acqua Marcia “clarissima aquarum omnium”, la più buona di Roma e del resto, potete giudicarla voi stessi perché ancora oggi potete berla gratuitamente da questa fontana sul Campidoglio.
Immaginate dunque la scena quando abbiamo conosciuto Andrea e Massimo per la prima volta: Vincenzo gli spiegava che per la camera da letto volevamo una finestra che isolasse il più possibile dai rumori della strada e io che mi ero completamente dimenticata che eravamo lì per la finestra e continuavo a fare domande sull’acquedotto e sulla storia della loro azienda! Sono i casi in cui, quando marito e moglie, salgono in macchina e sono di nuovo soli, lui si volta verso di lei e con aria incredula dice: “Ma che c’entra l’acquedotto con la finestra?”
Del resto, la storia di quel tratto di acquedotto è molto affasciante. Infatti, molto prima del nonno di Andrea e Massimo e di chissà quanti altri, nel 1585 un Papa, Sisto V, al secolo Felice Peretti, distrusse le arcate dell’antico acquedotto fatto costruire da Quinto Marcio Re e utilizzando gli stessi piloni, vi costruì sopra, con arcate più basse, l’acquedotto Felice: il primo acquedotto costruito a Roma dopo la caduta dell’Impero romano d’Occidente.
Seguendo l’antica tradizione romana di costruire un arco monumentale nel punto in cui gli acquedotti attraversavano le grandi vie consolari, Papa Sisto V fece costruire la cosiddetta Porta Furba a cavallo della via Tuscolana.
Infatti “vicino Porta Furba” è stata proprio l’indicazione stradale che abbiamo seguito per raggiungere l’officina di Andrea e Massimo.
E visto che il lavoro che hanno fatto con la finestra della camera da letto ci è piaciuto molto e la mattina, se non suona la sveglia, non ci sveglia nessuno, Vincenzo ha deciso di affidare ai due fratelli anche la realizzazione della porta e delle vetrine della sua gioielleria.
L’azienda OMCM di Andrea e Massimo ha una lunga storia, lavora per grandi Enti - come gli ospedali Bambin Gesù e l’Addolorata o l’Università americana al Celio - lavora per i privati ma soprattutto lavora bene. Inoltre, sono persone molto gentili e serie: qualità che io guardo se qualcuno deve entrare a casa mia per fare un lavoro necessario.
La loro azienda è anche un esempio tipico della storia dell’imprenditoria italiana: business di famiglia, fondati dal nonno, portati avanti dai padri e dalle madri e ancora in vita grazie all’impegno dei nipoti. Ogni generazione aggiunge qualcosa in più tenendo il passo con il tempo ma la radice è sempre la stessa: la famiglia.
Federica